Oggi è la festa di tutti. Siamo tutti attori in questo grande Teatro della Vita, ed oggi possiamo riflettere sull’opportunità che abbiamo di offrire una autentica interpretazione dei nostri sentimenti, dei valori di pace che dovrebbero sempre essere attuali e non ricordati “una tantum”, dei valori di amicizia e disponibilità verso chi ci circonda, di tolleranza e pazienza verso chi non la pensa come noi. Siamo tutti “personaggi” unici, tutti in cerca d’autore.
Uno dei migliori regali che abbia ricevuto mi riporta all’infanzia, all’età di sei anni quando, sapendo già leggere e scrivere, avendo iniziato la scuola a cinque anni, un’amica di famiglia e vicina di casa, per la festa della Befana mi regalò un libro: Le avventure di Pinocchio.
La cara signorina si chiamava Andreina, era una donna bella, non più giovane ed insegnava alle scuole elementari. Di lei ricordo il bel sorriso, la stola di volpe che le avvolgeva il collo in inverno, ammiravo la sua eleganza e rimanevo sempre attratto dal profumo di mughetto, che lasciava una scia inconfondibile per le scale, abitando lei al piano superiore al mio.
Quel libro fu uno dei migliori regali che abbia mai ricevuto, per vari motivi: all’epoca (tanti anni fa) non c’era l’abbondanza di pubblicazioni di oggi, il libro conteneva tante illustrazioni che mi aiutavano a fantasticare mentre mi compenetravo nei personaggi immaginando le varie scene. Non c’era ancora la tv e quindi gli stimoli esterni erano veramente pochi. Ovviamente lo posseggo ancora, è quello nella foto. Aggiungo per curiosità che all’epoca il libro, di 110 pagine, costò 150 lire, l’equivalente di 8 centesimi di euro di oggi.
Dalla A alla Z, da Adriana a Zoe, senza dimenticare proprio nessuna di voi, familiari, parenti, amiche, conoscenti, ammiratrici, lettrici, amiche virtuali, auguro a tutte BUONA FESTA 2023!
Grazie del vostro affetto e della vostra sensibilità; un cordiale abbraccio a tutte!
Storia di un progetto ambizioso fai-da-te che ho intrapreso e portato a termine
All’inizio sembrava un gioco, poi ci ho preso gusto ed ho continuato ad inventare. Mi sono immerso in una bolla ideale ed ho visto scene, mai viste prima, inventate di sana pianta, che ho pensato di fissare sulla carta per paura che si dissolvessero per sempre, come accade ai sogni, senza lasciare traccia. A ben vedere non si è trattato quindi, almeno all’origine, di un progetto vero e proprio, ma di un esperimento che ha preso corpo a poco a poco, plasmato come un ammasso di plastilina che, da una forma iniziale irrilevante, diventa pian piano, sotto mani sapienti, un oggetto ben definito. Vi sto parlando della nascita del mio primo libro che ho pubblicato sei anni fa con il titolo di “Racconti di donne, tarocchi e briganti”.
Tutto nacque quando lessi su un quotidiano la notizia di un uomo, residente nel Veneto, che era andato alla scoperta dei luoghi dove suo nonno aveva partecipato alla prima guerra mondiale, sui monti del Carso, ed aveva rintracciato località ed antichi segni del passaggio dei militari dell’epoca. La notizia accese la mia curiosità in quanto anche mio nonno materno partecipò alla medesima guerra e tornò a casa miracolosamente vivo anche se con due dita della mano destra amputate per lo scoppio di una granata. Decisi di fare delle ricerche negli archivi storici non solo su di lui ma anche sui nonni paterni per scoprire notizie che ormai nessuno poteva più fornirmi essendo tutti gli interessati nel frattempo deceduti.
La ricerca negli archivi di Stato, eseguita online, fu difficile e limitata ad alcuni periodi. Rintracciai i registri dello stato civile dal 1850 al 1865, da cui non ricavai i dati che mi servivano ma venni a conoscenza invece di tante informazioni che mi furono utili in seguito. I registri dell’epoca, tutti scritti a mano, spesso di difficile interpretazione, riportavano i nomi dei soggetti interessati, le generalità dei genitori, la loro professione, la residenza, il nome della levatrice, il nome dei testimoni con date di nascita e professione. Per le nascite era frequente che la dichiarazione venisse accettata dalla levatrice e tante volte veniva indicato che il bambino era di padre ignoto, così come pure veniva indicata la chiesa dove era stato battezzato. Insomma accantonai il discorso relativo ai miei parenti, che mi riservai di riprendere consultando altre fonti, e la mia attenzione si concentrò su quel mondo distante poco più di 150 anni dai tempi nostri, non un tempo eccessivo, eppure tanto diverso dal nostro. Venni a conoscenza di antiche abitudini, di antichi mestieri oggi scomparsi, per esempio, tra i più comuni:
Galantuomo
Notaio
Agrimensore
Perito contabile
Geometra
Legale
Usciere comunale
Industriante
Vaticale (addetto al trasporto di olio)
Bracciale (bracciante)
Forese (contadino)
Barilaro (costruttore di barili)
Filatrice
Guardacapre
Mannese (riparatore di carri e birocci)
Cardaro (addetto alla cardatura della lana)
Bardaro (fabbricante di bardature per cavalli e asini)
Ferraro (fabbro)
Forgiaro (fabbro)
Bettoliere
Venditore di zucchero
Sediaro o seggiaro (costruttore di sedie)
Chianchiere (macellaio)
Conciapelli
Fochista
Sportaro (fabbricante di sporte, ceste di vimini)
Massaro
Vaccaro
Telegrafista (con telegrafo ottico).
Poi, studiando i documenti di quel periodo, venni a conoscenza di problemi importanti come il brigantaggio e l’analfabetismo, la crisi economica, le conseguenze della unificazione del regno d’Italia nel 1861, i primi accenni di emancipazione delle donne del sud, le conseguenze del lunghissimo servizio militare obbligatorio. Da questo e da fatti di cronaca dell’epoca nacque una serie di racconti ambientati a Mesoraca, comune calabrese della presila crotonese che ben conosco, arricchiti da storie immaginate e dialoghi inventati.
Quindi da una circostanza fortuita nacque il progetto del libro che ho realizzato da solo (salvo un aiuto qualificato per la copertina) e che, non considerato interessante dalle case editrici, ho autopubblicato sulla piattaforma Amazon. Il libro mi ha poi dato belle soddisfazioni in quanto ha ottenuto quattro importanti premi letterari e continua ad essere letto dagli appassionati di racconti storici.
Gli avvenimenti degli ultimi tempi (pandemia, guerre) e, in particolare quelli degli ultimi giorni (terremoti e naufragi), hanno riportato in evidenza un continuo utilizzo della parola “umanità” con vari significati. Per non sbagliare ho rintracciato la definizione che ne dà l’autorevole dizionario della lingua italiana Treccani: “Umanità = Sentimento di solidarietà umana, di comprensione e di indulgenza verso gli altri uomini”.
Ecco, mi sono detto, cosa manca oggi alla gente: il sentimento di solidarietà! Strozzati dall’egoismo, non riusciamo più a vedere neanche le esigenze elementari di chi ci sta accanto, figuriamoci se vediamo quelle di chi vive molto distante da noi. Abbiamo negli occhi le scene disperate della gente che piange i suoi morti per il terremoto in Turchia, un evento catastrofico della natura, imprevedibile o quantomeno non facile da fronteggiare e, abbiamo anche le immagini dei morti nel naufragio del mare Jonio, in Calabria, distesi sulla spiaggia, coperti da lenzuoli. Queste ultime morti gridano rabbia, ci saranno uomini colpevoli che dovranno dare conto alle loro coscienze di quanto accaduto, per colpa o per omissione. Ora sentiremo i soliti discorsi da scaricabarile, le frasi demagogiche, i proclami su quello che bisogna fare o non fare, e intanto la povera gente muore affogata con la colpa di aspirare a vivere e a far vivere ai propri figli una vita dignitosa.
E allora mi domando: dov’è finita l’umanità? Intendo il sentimento di solidarietà verso altri uomini in difficoltà. Forse ci stiamo inaridendo, mentre corriamo velocemente verso le intelligenze artificiali, fredde calcolatrici. E andando avanti di questo passo forse, per assurdo, sarà meglio affidarci a dei robot, che saranno capaci di surclassare il genere umano anche in termini di ”umanità” e ci guideranno bene. E allora, poveri noi, diventeremo veramente dei fantocci di pezza.
La riflessione, pessimistica, vuole essere volutamente provocatoria per stimolare una discussione e sensibilizzare le persone su un argomento etico di notevole importanza.
Racconto paranormale di un incontro forse casuale. Giorgio quella mattina era maledettamente in ritardo. Il traffico della città a volte è snervante, non si riesce a fare un passo senza che ci sia un intoppo, e capitò proprio quel giorno che lui si doveva recare in Catasto per una pratica urgente. Doveva presentarsi ad uno sportello che restava aperto solo due ore e lui ne aveva già consumato una nelle problematiche del traffico e del parcheggio. Quando, superati tutti i controlli di sicurezza, finalmente arrivò dinanzi all’impiegato si vide respingere la domanda che voleva presentare perché mancavano le marche da bollo. Accidenti! Era vero. Mancavano le marche, barriera insormontabile senza la quale nulla si muoveva.
Uscì di corsa dagli uffici e si mise alla ricerca di un tabaccaio. Ricordava di averne visto tempo fa uno nei paraggi con bar annesso, quindi a passo spedito si mise alla ricerca della rivendita. Scorse l’insegna da lontano e, sollevato, allungò il passo, pressato dal tempo che correva. Nella tabaccheria vi era una bella signora, calma e gentile, che gli diede subito le marche da bollo che desiderava, senza fargli perdere tempo. Giorgio, dimenticando per un attimo la fretta, involontariamente si soffermò a guardare con attenzione la collana della signora. Su una maglia bianca leggermente scollata pendeva un filo d’argento che terminava con un ciondolo a forma di piccolo cuore. Nulla di particolare, se non che quel cuore pendente aveva la punta rivolta verso l’alto. Il fatto lo incuriosì e Giorgio perse qualche secondo a fissare quel ciondolo. Pagò il conto, uscì di corsa per raggiungere nuovamente lo sportello del Catasto prima che chiudesse i battenti. Mentre camminava il pensiero tornò curiosamente a quel ciondolo, domandandosi il perché di quell’anomalia. Era una casualità oppure aveva un significato nascosto, oppure era un richiamo verso un qualcosa di sconosciuto?
Giorgio seguì l’istinto. Terminata la commissione, tornò verso la tabaccheria con la scusa di prendere un caffè al bar nello stesso locale. Era incuriosito e desiderava rivedere la signora, ma gli andò male. Quella donna non c’era più. Al suo posto un anziano baffuto confabulava con dei clienti attorno a dei biglietti della lotteria istantanea. Consumò con molta calma il suo caffè, sperando invano di rivedere la persona che cercava, poi uscì, deluso, avviando nella mente tanti ragionamenti ed ipotesi su quel fatto curioso. Quel cuore a punta in su lo aveva stregato ed anche nei giorni seguenti, pur non avendone necessità, quando poteva deviava il suo cammino ed entrava in quel bar con i motivi più banali, con il pensiero segreto di incontrare di nuovo la bella signora.
Finché pochi giorni dopo accadde un altro fatto strano. Giorgio tornò nel famoso bar per prendere il solito caffè. Mentre aspettava che il barman glielo preparasse, vide sullo sgabello accanto al suo il giornale locale messo a disposizione dei clienti. Lo aprì e nella cronaca cittadina, tra i necrologi, vide l’immagine della signora che lui cercava, deceduta un mese prima. Aveva un bel viso, sereno, sorridente. Rimase esterrefatto. Indicò la foto al barman chiedendo se nel locale conoscevano quella donna, ma né lui né altri che nel frattempo si avvicinarono, dissero di averla mai vista prima. Lesse e rilesse quell’annuncio sul giornale. Ora conosceva il suo nome e cognome, la data di nascita e quella della sua morte ma non capiva il senso di quello strano incontro, se c’era stato veramente, perché ora veniva pure il dubbio che si fosse trattato di allucinazione. Ma no! Le marche le aveva veramente acquistate. Aveva veramente visto quella bella figura femminile con il ciondolo particolare. Rimase sempre in sospeso l’interrogativo sul significato di quella coincidenza paranormale ed il senso segreto di quel cuore con la punta rivolta in su. Da quel giorno Giorgio non tornò più in quel locale ma spesso gli capitò di ritornarci con la memoria, con la speranza di capirci qualcosa.
La poesia che ho scelto per il mese di febbraio è questa breve lirica di Umberto Saba:
Sera di febbraio Spunta la luna. Nel viale è ancora giorno, una sera che rapida cala. Indifferente gioventù s’allaccia; sbanda a povere mete. Ed è il pensiero della morte che, infine, aiuta a vivere
In occasione della Giornata mondiale della neve, che si celebra il 16 gennaio, pubblico questa breve e bella poesia di Giovanni Pascoli:
Nevicata Nevica; l’aria brulica di bianco; la terra è bianca; neve sopra neve; gemono gli olmi a un lungo mugghio stanco: cade del bianco con un tonfo lieve. E le ventate soffiano di schianto e per le vie mulina la bufera; passano bimbi: un balbettio di pianto; passa una madre: passa una preghiera.