Era un salto nel buio. Ora bisognava vivere in un monolocale di appena 40 mq, dove tutto era compresso e tutto piccolo, piccolo il letto, piccolo l’armadio, piccolo l’angolo cottura, piccolo il bagno, piccola la finestrella che dava sul cortile, quando era abituato ad altre comodità con spazi ben più ampi. Già la sua sola camera, nella ex casa coniugale, era grande quanto tutto questo nuovo miniappartamento, ma volete mettere la soddisfazione di aver ottenuto una grande conquista, quella della libertà, dopo anni di liti, di ripicche, di sguardi feroci, di dispetti reciproci con l’ex compagna?
Dopo l’ennesima lite della domenica precedente, Marcello aveva preso la decisione irrevocabile di troncare la convivenza con Silvana, dopo sei anni di vita in comune, ed ora si trovava a sistemare le sue cose, abiti, libri, biancheria, accatastate in un grosso scatolone piazzato nel centro della camera, in quell’appartamento di proprietà di un amico compiacente. Era già sera. Le luci a led tutte accese, ma mancava qualcosa di veramente caldo e illuminante. Sedette sul letto, le mani sul viso, e scoppiò in un pianto a dirotto.
Dopo pochi minuti, il citofono interruppe il momento di crisi. Rispose: – chi è?
- Pizza express, ho portato la sua pizza.
- Un momento, vengo giù a ritirarla.
Per non fare vedere il disordine in casa e non far capire il suo stato d’animo, Marcello preferì inforcare gli occhiali e scendere al piano terra per ritirare quello che aveva ordinato.
Dopo tanto tempo, quella sera era la prima volta che sedeva a tavola da solo. Tavola si fa per dire, era uno sgabello accanto ad una mensola appena sufficiente per accogliere un cartone di pizza.
Mancava tutto: posate, bicchieri, tovaglioli. Stizzito diede una forte pedata allo scatolone che si squarciò facendo sparpagliare tutto il contenuto sul pavimento. Ci sono persone che vivono nel disordine più completo e non hanno problemi. Marcello invece era meticoloso ed il disordine peggiorava il suo umore già nero.
Aveva appena finito di mangiare che sentì suonare alla porta.
Andò ad aprire e vide una giovane donna di statura media, capelli ricci e neri, probabilmente sudamericana, che disse:
- Scusa, ho bussato perché ho sentito che c’era qualcuno in casa. Io abito alla porta accanto. Siccome sono rimasta senza zucchero, vorrei sapere se me ne puoi prestare un po’.
- Non so se ce n’è. Sono qui solo da oggi e devo verificare. Venga dentro che intanto controllo in cucina. Ah, ecco, ho trovato un barattolo, mi sembra che sia pieno di zucchero.
Prese un bicchiere di carta, lo riempì e lo diede alla ragazza.
– Grazie, domani lo compro e te lo restituisco – rispose lei. Aggiunse: – mi chiamo Samantha, se hai bisogno di qualcosa io alla sera sono in casa.
-Ok grazie. Buona serata.
Richiuse la porta e tornò a sfogliare meccanicamente le pagine sullo smartphone, alla ricerca di qualcosa di interessante, ma non c’era nulla che fosse veramente in grado di aiutarlo a superare la depressione.
Steso sul letto, lo sguardo fisso verso la piccola finestra, si pose diverse domande. Perché
la storia con Silvana non aveva funzionato? Perché si trovava lì a riflettere sul fallimento della relazione? Aveva commesso qualche errore, e quale? Ed ora, cosa gli conveniva fare?
Tornò con la memoria a sette anni prima quando, ad una festa di compleanno di una comune amica aveva conosciuto Silvana, una ragazza molto bella, un viso d’angelo, capelli castani, occhi chiari, corporatura media, perfetta. Lei lavorava nel settore produttivo di un’azienda farmaceutica. Marcello era invece già quadro direttivo in un’azienda che si occupava di digital marketing. Fu un colpo di fulmine tra i due, o almeno così parve, tanto che dopo pochi mesi di frequentazione, decisero di convivere. Andarono ad abitare in un grazioso appartamento di proprietà di lei in una zona nuova e semiperiferica. All’inizio le cose andarono bene. Entrambi molto impegnati nel lavoro, si vedevano solo a tarda sera quando tornati a casa stanchi e sfiniti mangiavano velocemente qualcosa di precotto e poi si abbandonavano sul divano per curiosare sul cellulare. Solo a fine settimana si concedevano qualche svago, cinema o teatro o qualche partita di basket al palazzetto dello sport, o incontro con amici. Non avevano avuto figli, benché li avessero desiderati, e si dedicavano anima e corpo al lavoro, alla ricerca di soddisfazioni economiche crescenti.
I momenti di dialogo e di confidenza, che all’inizio della relazione, occupavano gran parte dei loro momenti di vita in comune, a poco a poco si diradarono. Il pc e lo smartphone presero il sopravvento, restavano sempre accesi a segnalare notifiche in continuazione.
Entrambi si buttarono a capofitto nel lavoro all’inseguimento di nuovi traguardi da raggiungere, sempre più ambiziosi, come se il denaro fosse la panacea per il loro malessere. Ma non era così. Il conto in banca cresceva ma la sorgente del loro amore si inaridiva sempre di più, sino ad arrivare allo scontro, all’intolleranza, all’indifferenza. Ogni minimo atteggiamento, ogni azione, la più banale, veniva criticata, anche con parole offensive, e ciò non faceva altro che alzare il livello del contrasto. Uscire di casa era una liberazione. Immergersi nel lavoro era una piacevole sensazione di pace interiore.
I problemi crebbero sino alla decisione molto sofferta di troncare la convivenza. Avevano costruito una casa sulla sabbia, senza fondamenta, basato su una specie di amore che si era rivelato fasullo, fragile, incapace di reagire alle avversità, incapace di accettare una qualsiasi rinuncia. Ed ora?
Per fortuna la vita continua e, molto spesso, chiusa una porta si aprono nuove strade.
Silvana si rese conto che, almeno per il momento, la vita coniugale non era il progetto più adatto per lei; quindi, si dedicò con maggiore intensità al lavoro, anche perché ricevette l’incarico di dirigere una sezione di ricerca e sviluppo nell’ambito della sua azienda. Continuò a vivere nello stesso appartamento e l’unica novità che si concesse fu l’acquisto di una gattina, Maya, che fece subito sterilizzare ad evitare sorprese.
Per Marcello le cose invece furono un po’ più complicate. Ci mise parecchio tempo a riprendersi dalla batosta sentimentale, guardava il genere femminile con grande diffidenza, incapace di cogliere gli aspetti positivi delle persone.
Finché un giorno ebbe l’opportunità di frequentare un seminario di studi, molto importante per la sua formazione, a Londra. Il corso sarebbe durato due settimane. Ovviamente non si lasciò sfuggire l’occasione e ci andò volentieri.
Gli allievi del corso erano dodici e provenivano da varie parti del mondo. Tra di essi una giovane giapponese, Himari, capelli corti e neri, pelle bianchissima, longilinea, occhi espressivi e gentili, molto intelligente. Tra di loro nacque subito un rapporto di massimo rispetto. Marcello si sorprese di essere capace di mostrarsi cortese e disponibile, a volte galante. Le cose maturarono con molta cautela, ma presero una direzione ben precisa. Si frequentarono abbastanza, tanto che, terminato il corso, prima di ripartire per i rispettivi paesi, i due decisero di programmare per il mese successivo una vacanza a New York.
Fu una esperienza di notevole spessore, non solo turistica, ma importante per la conoscenza reciproca del loro carattere, degli ideali in comune, del pensiero di base rispetto alle tematiche generali della vita. Al termine della vacanza Marcello e Himari progettarono un nuovo incontro, questa volta in Italia, senza limite di durata. Avrebbero deciso successivamente il termine della permanenza.
Ma il monolocale era angusto per due persone, quindi Marcello si trasferì con la nuova compagna in una villetta più confortevole, dove ancora oggi, dopo quattro anni, vivono serenamente in compagnia di un bel bambino, nato nel frattempo, con l’intenzione di formalizzare l’unione in via definitiva con la celebrazione del matrimonio. È così la vita! Quando tutto sembra precipitare, si accende una nuova lampada, si scopre un nuovo sentiero.
Francesco Grano © 2024