lO SCATOLONE OCCUPAVA META’ DELLA STANZA – racconto

Era un salto nel buio. Ora bisognava vivere in un monolocale di appena 40 mq, dove tutto era compresso e tutto piccolo, piccolo il letto, piccolo l’armadio, piccolo l’angolo cottura, piccolo il bagno, piccola la finestrella che dava sul cortile, quando era abituato ad altre comodità con spazi ben più ampi. Già la sua sola camera, nella ex casa coniugale, era grande quanto tutto questo nuovo miniappartamento, ma volete mettere la soddisfazione di aver ottenuto una grande conquista, quella della libertà, dopo anni di liti, di ripicche, di sguardi feroci, di dispetti reciproci con l’ex compagna?

Dopo l’ennesima lite della domenica precedente, Marcello aveva preso la decisione irrevocabile di troncare la convivenza con Silvana, dopo sei anni di vita in comune, ed ora si trovava a sistemare le sue cose, abiti, libri, biancheria, accatastate in un grosso scatolone piazzato nel centro della camera, in quell’appartamento di proprietà di un amico compiacente. Era già sera. Le luci a led tutte accese, ma mancava qualcosa di veramente caldo e illuminante. Sedette sul letto, le mani sul viso, e scoppiò in un pianto a dirotto.

Dopo pochi minuti, il citofono interruppe il momento di crisi. Rispose: – chi è?

  • Pizza express, ho portato la sua pizza.
  • Un momento, vengo giù a ritirarla.

Per non fare vedere il disordine in casa e non far capire il suo stato d’animo, Marcello preferì inforcare gli occhiali e scendere al piano terra per ritirare quello che aveva ordinato.

Dopo tanto tempo, quella sera era la prima volta che sedeva a tavola da solo. Tavola si fa per dire, era uno sgabello accanto ad una mensola appena sufficiente per accogliere un cartone di pizza.

Mancava tutto: posate, bicchieri, tovaglioli. Stizzito diede una forte pedata allo scatolone che si squarciò facendo sparpagliare tutto il contenuto sul pavimento. Ci sono persone che vivono nel disordine più completo e non hanno problemi. Marcello invece era meticoloso ed il disordine peggiorava il suo umore già nero.

Aveva appena finito di mangiare che sentì suonare alla porta.

Andò ad aprire e vide una giovane donna di statura media, capelli ricci e neri, probabilmente sudamericana, che disse:

  • Scusa, ho bussato perché ho sentito che c’era qualcuno in casa. Io abito alla porta accanto. Siccome sono rimasta senza zucchero, vorrei sapere se me ne puoi prestare un po’.
  • Non so se ce n’è. Sono qui solo da oggi e devo verificare. Venga dentro che intanto controllo in cucina. Ah, ecco, ho trovato un barattolo, mi sembra che sia pieno di zucchero.

Prese un bicchiere di carta, lo riempì e lo diede alla ragazza.

– Grazie, domani lo compro e te lo restituisco – rispose lei. Aggiunse: – mi chiamo Samantha, se hai bisogno di qualcosa io alla sera sono in casa.

-Ok grazie. Buona serata.

Richiuse la porta e tornò a sfogliare meccanicamente le pagine sullo smartphone, alla ricerca di qualcosa di interessante, ma non c’era nulla che fosse veramente in grado di aiutarlo a superare la depressione.

Steso sul letto, lo sguardo fisso verso la piccola finestra, si pose diverse domande. Perché

la storia con Silvana non aveva funzionato? Perché si trovava lì a riflettere sul fallimento della relazione? Aveva commesso qualche errore, e quale? Ed ora, cosa gli conveniva fare?

Tornò con la memoria a sette anni prima quando, ad una festa di compleanno di una comune amica aveva conosciuto Silvana, una ragazza molto bella, un viso d’angelo, capelli castani, occhi chiari, corporatura media, perfetta. Lei lavorava nel settore produttivo di un’azienda farmaceutica. Marcello era invece già quadro direttivo in un’azienda che si occupava di digital marketing. Fu un colpo di fulmine tra i due, o almeno così parve, tanto che dopo pochi mesi di frequentazione, decisero di convivere. Andarono ad abitare in un grazioso appartamento di proprietà di lei in una zona nuova e semiperiferica. All’inizio le cose andarono bene. Entrambi molto impegnati nel lavoro, si vedevano solo a tarda sera quando tornati a casa stanchi e sfiniti mangiavano velocemente qualcosa di precotto e poi si abbandonavano sul divano per curiosare sul cellulare. Solo a fine settimana si concedevano qualche svago, cinema o teatro o qualche partita di basket al palazzetto dello sport, o incontro con amici. Non avevano avuto figli, benché li avessero desiderati, e si dedicavano anima e corpo al lavoro, alla ricerca di soddisfazioni economiche crescenti.

I momenti di dialogo e di confidenza, che all’inizio della relazione, occupavano gran parte dei loro momenti di vita in comune, a poco a poco si diradarono. Il pc e lo smartphone presero il sopravvento, restavano sempre accesi a segnalare notifiche in continuazione.

Entrambi si buttarono a capofitto nel lavoro all’inseguimento di nuovi traguardi da raggiungere, sempre più ambiziosi, come se il denaro fosse la panacea per il loro malessere. Ma non era così. Il conto in banca cresceva ma la sorgente del loro amore si inaridiva sempre di più, sino ad arrivare allo scontro, all’intolleranza, all’indifferenza. Ogni minimo atteggiamento, ogni azione, la più banale, veniva criticata, anche con parole offensive, e ciò non faceva altro che alzare il livello del contrasto. Uscire di casa era una liberazione. Immergersi nel lavoro era una piacevole sensazione di pace interiore.

I problemi crebbero sino alla decisione molto sofferta di troncare la convivenza. Avevano costruito una casa sulla sabbia, senza fondamenta, basato su una specie di amore che si era rivelato fasullo, fragile, incapace di reagire alle avversità, incapace di accettare una qualsiasi rinuncia. Ed ora?

Per fortuna la vita continua e, molto spesso, chiusa una porta si aprono nuove strade.

Silvana si rese conto che, almeno per il momento, la vita coniugale non era il progetto più adatto per lei; quindi, si dedicò con maggiore intensità al lavoro, anche perché ricevette l’incarico di dirigere una sezione di ricerca e sviluppo nell’ambito della sua azienda. Continuò a vivere nello stesso appartamento e l’unica novità che si concesse fu l’acquisto di una gattina, Maya, che fece subito sterilizzare ad evitare sorprese.

Per Marcello le cose invece furono un po’ più complicate. Ci mise parecchio tempo a riprendersi dalla batosta sentimentale, guardava il genere femminile con grande diffidenza, incapace di cogliere gli aspetti positivi delle persone.

Finché un giorno ebbe l’opportunità di frequentare un seminario di studi, molto importante per la sua formazione, a Londra. Il corso sarebbe durato due settimane. Ovviamente non si lasciò sfuggire l’occasione e ci andò volentieri.

Gli allievi del corso erano dodici e provenivano da varie parti del mondo. Tra di essi una giovane giapponese, Himari, capelli corti e neri, pelle bianchissima, longilinea, occhi espressivi e gentili, molto intelligente. Tra di loro nacque subito un rapporto di massimo rispetto. Marcello si sorprese di essere capace di mostrarsi cortese e disponibile, a volte galante. Le cose maturarono con molta cautela, ma presero una direzione ben precisa. Si frequentarono abbastanza, tanto che, terminato il corso, prima di ripartire per i rispettivi paesi, i due decisero di programmare per il mese successivo una vacanza a New York.

Fu una esperienza di notevole spessore, non solo turistica, ma importante per la conoscenza reciproca del loro carattere, degli ideali in comune, del pensiero di base rispetto alle tematiche generali della vita. Al termine della vacanza Marcello e Himari progettarono un nuovo incontro, questa volta in Italia, senza limite di durata. Avrebbero deciso successivamente il termine della permanenza.

Ma il monolocale era angusto per due persone, quindi Marcello si trasferì con la nuova compagna in una villetta più confortevole, dove ancora oggi, dopo quattro anni, vivono serenamente in compagnia di un bel bambino, nato nel frattempo, con l’intenzione di formalizzare l’unione in via definitiva con la celebrazione del matrimonio. È così la vita! Quando tutto sembra precipitare, si accende una nuova lampada, si scopre un nuovo sentiero.

Francesco Grano © 2024

Giornata mondiale dell’endometriosi

28 marzo Giornata mondiale dell’endometriosi

Post pubblicato per solidarietà con le persone che soffrono di questa patologia.

Secondo le statistiche sono almeno tre milioni le donne che in Italia, con diagnosi conclamata, ne soffrono.

Molte strutture sanitarie si sono organizzate in molte regioni per offrire gratuitamente visite ginecologiche in tale occasione.

A Bologna, con qualche giorno di anticipo, si è svolta sabato 23 marzo anche una marcia non competitiva. La camminata ha visto la partecipazione di centinaia di pazienti, accompagnati da familiari ed amici, medici e associazioni di volontariato che hanno sfilato per le vie della città con l’obiettivo di promuovere, in contemporanea ad oltre 60 Paesi del mondo, un’azione di informazione e di sensibilizzazione sull’endometriosi, nonché́ di sollevare l’attenzione delle Istituzioni per ottenere maggiori tutele a fronte di questa malattia fortemente invalidante.

Giornata mondiale del Teatro

Teatro Coccia -Novara

27 marzo Giornata mondiale del Teatro

Quest’anno l’incarico di formulare il messaggio dedicato alla Giornata Mondiale del Teatro 2024 è stato affidato al noto scrittore norvegese Jon Fosse, premio Nobel per la letteratura nel 2023. Pubblico un breve incipit del messaggio:

L’arte è pace

Ogni persona è unica, ma allo stesso tempo simile a ogni altra persona. Il nostro aspetto esteriore e visibile è diverso da quello di chiunque altro – questo è appurato – ma c’è anche qualcosa dentro ciascuno di noi che appartiene a quella persona e a quella soltanto. Che è quella persona soltanto. Potremmo definirlo il suo spirito, o la sua anima. Oppure possiamo decidere di non etichettarlo con parole, ma di lasciarlo stare e basta.

Ma anche se siamo tutti diversi l’uno dall’altro, siamo ugualmente simili. Persone da ogni parte del mondo fondamentalmente si assomigliano, indipendentemente dalla lingua che parlano, dal colore della pelle o dei capelli.

Lo si potrebbe considerare una specie di paradosso: ci assomigliamo e siamo allo stesso tempo profondamente diversi. Forse in quanto persone siamo intrinsecamente paradossali, nel nostro legame tra corpo e anima: inglobiamo tanto l’esistenza più terrena e tangibile, quanto qualcosa che trascende questi limiti terreni e materiali.

L’arte – la buona arte – riesce nella sua meravigliosa maniera a combinare il totalmente unico con l’universale. Ci fa capire cos’è diverso – cos’è estraneo, si potrebbe dire – in quanto universale. Così facendo, l’arte infrange le barriere tra le lingue, le regioni geografiche, i Paesi. Mette insieme non solo le qualità individuali di ognuno, ma anche, in un altro senso, le caratteristiche individuali di ogni gruppo di persone, per esempio di ogni Nazione….”. Il testo integrale del messaggio è riportato qui: http://www.giornatamondialedelteatro.it/messaggio-internazionale-14.html

 Voglio anche riportare alcune definizioni di teatro, riferite da artisti, che ho ritenuto interessanti:

– “Se la felicità è godere del prendersi cura di qualcun altro, il teatro è la stessa cosa. Lo spettacolo un regalo” (Benedetta Rustici)

– “Il teatro fa vivere l’infinito vortice della vita, in un attimo lì sul palcoscenico”

(Daniele Esposito)

-“Il teatro? Sono sogni realizzati” (Andrea Alessio Cavarretta).

“ Il teatro per me è una dimensione attraverso la quale, con il linguaggio musicale o di prosa, si sprigiona quella magia che aiuta a sviluppare nell’uomo l’immaginazione e la riflessione.

Potremmo anche prendere a prestito il pensiero di un grande come Eduardo il quale diceva che: “Teatro significa vivere sul serio quello che gli altri nella vita recitano male”.

(Antonio Gorelli -cantante lirico).

Dantedì

Oggi si celebra la giornata nazionale di Dante, istituita cinque anni fa dalla Società Dante Alighieri per ricordare il Sommo Poeta.

È questa la giornata prescelta per ricordare la grandezza del nostro più grande poeta, universalmente riconosciuto anche dalle altre culture mondiali.

Nonostante i secoli trascorsi, la sua poesia ci accompagna con immagini vive, che non risentono affatto del tempo passato, incentrata su argomenti sempre attuali, com’è sempre attuale l’animo umano.

Per l’occasione pubblico la foto dei monti del Trentino dove si può ammirare “quel cielo di dolce color d’oriental zaffiro!”, simile a quello che Dante e Virgilio videro all’uscita dal buio dell’inferno.

#iLuoghidiDante ,  #Dantedì

Domanda: cosa faresti se vincessi la lotteria?

https://images.app.goo.gl/ZJ4EhYqMEzcuuoAc8

Ho letto recentemente di un tale in Piemonte che, dopo aver vinto 5 milioni di euro alla lotteria “gratta e vinci”, non ha più avuto pace. È stato rapinato, gli hanno rubato soldi, gioielli, lingotti d’oro, ed ora è costretto a vivere in un bunker.

Ha perso la fiducia negli amici, che, probabilmente, lo hanno tradito, diffondendo incautamente all’esterno notizie estremamente riservate.

Quest’uomo ha perso la serenità. I soldi gli avranno dato una temporanea sicurezza economica, ma la ricchezza lo ha abbrutito, reso vulnerabile, lo ha costretto a vivere nel sospetto continuo. Casi come questo se ne sono verificati parecchie volte. E allora, vale la pena vivere per il denaro? Diventare schiavi di pezzi di carta?

E se capitasse a noi? Come ci comporteremmo?

Premetto che, per quanto mi riguarda, l’ipotesi è molto remota, in quanto ho sempre relegato giochi e scommesse a episodi molto occasionali, le giocate a pochi spiccioli e molto rare. Ma, visto che la fortuna è cieca, se mi capitasse una cosa del genere, cosa farei? Ecco penso che dopo aver trattenuto una parte della vincita per le esigenze familiari, penserei di avviare qualche attività imprenditoriale allo scopo di creare nuovi posti di lavoro. Non so se questa è una buona idea, ma in alternativa potrei scialacquare tutto andando in giro per il mondo in allegra compagnia, o liberarmi del denaro dando tutto in beneficenza. Per fortuna è solo fantasia e quindi non corro pericoli! E voi, cosa fareste?

Racconti di donne, tarocchi e briganti

Il 17 marzo 1861 è la data di nascita del Regno d’Italia, dopo l’annessione del Regno delle due Sicilie al Regno di Sardegna. Al territorio dell’epoca mancavano ancora le regioni dello Stato Pontificio, annesse nel 1870, e del Trentino, Venezia Giulia, Istria, Dalmazia, annesse dopo la prima guerra mondiale. Ma , quel cambiamento politico cosa comportò, in pratica, per la popolazione nella vita di tutti i giorni?

Per avere informazioni attendibili mi sono catapultato con l’immaginazione in un paese della Calabria (Mesoraca) per ascoltare i discorsi che si facevano nella bottega del barbiere, vero antesignano delle chat moderne, così come sono andato a vedere le nuove insegne dei Savoia applicate sui frontoni delle scuole e degli edifici pubblici in sostituzione di quelle dei Borbone, o a leggere i resoconti delle cronache relative alle lotte contro i briganti.

E che dire delle donne meridionali che si trovarono spinte con forza verso l’emancipazione, visto che i loro mariti, fratelli, genitori venivano reclutati per le continue guerre e per un servizio militare obbligatorio che durava oltre cinque anni, lasciando tutte le attività in mano loro?

Questi sono i temi principali che ho trattato nel mio primo libro “Racconti di donne, tarocchi e briganti”, autopubblicato su Amazon e vincitore di vari premi.

Le domande delle folle

Basilica di San Pietro – Città del Vaticano Immagine di yanalya su Freepik

Sono passati 11 anni da quel 13 marzo del 2013 quando, a sera, il cardinale Bergoglio venne eletto Papa con il nome di Francesco.

Il 19 successivo, martedì, festa di San Giuseppe, Papa Francesco celebrò in piazza S. Pietro, verso le ore 10, la prima Messa di inizio del pontificato.

Ricordo l’avvenimento che seguii alla tv, collegata in diretta con la piazza sin dalle prime ore del giorno.

Verso le sei di quel mattino accesi il televisore e dal collegamento del tg osservai che c’era già gente che si avvicinava a frotte, con passo spedito, alla piazza per conquistare un buon posto nelle prime file. Nei collegamenti successivi, alle sette, alle otto e seguenti, la massa di gente cresceva, era una folla che si ingrossava sempre di più, sino a gremire il territorio.

Mi venne in mente che diverse volte si racconta nei Vangeli di moltitudini di persone che, di buon mattino, cercavano e seguivano Gesù, ed io tante volte mi ero posto la domanda: ma quella gente cosa cercava? Quelle persone lasciavano tutte le loro occupazioni, i campi da coltivare, gli animali da accudire, i laboratori, le officine, qualunque attività in famiglia e fuori, per sentire la parola di Dio spiegata da Gesù e per ottenere da Lui guarigioni.

Ho così compreso il senso di quell’assembramento in piazza S. Pietro quella mattina, il passo veloce della gente, che aveva voglia di sentire la spiegazione della Parola dalla bocca del nuovo vicario di Cristo, aveva bisogno di trovare conforto, speranza e coraggio per affrontare le tribolazioni della vita a dimostrazione che non si vive di solo pane.

Credi nel destino/fato?

La domanda mi è stata posta giorni fa sul mio blog “wordpress.com” come suggerimento di discussione, ho preso tempo per riflettere ed ora, sollecitato anche dagli amici del gruppo facebook “Pianeta books”, mi sono deciso ad esprimere il mio pensiero.

Dico subito che non credo nell’astrologia, respingo fermamente l’ipotesi che masse passive, agglomerati rocciosi o gassosi, lontanissime costellazioni e pianeti, possano indicare il destino individuale di miliardi di persone, ognuna unica ed irripetibile, anche se riconosco che il sole e la luna possano influire sulle coltivazioni, sulle maree, sull’umore degli individui.

Per il destino il discorso è diverso: la mia personale opinione, che scaturisce da riflessione e non dal pensiero di altri, è che, a grandi linee, il destino esiste. Credo in un disegno generale, superiore, che abbraccia tutta l’attività umana e tutto il creato. Credo che per ognuno di noi sia un punto fermo il momento della nascita e della fine, il momento di avvenimenti importanti (matrimonio, nascita di figli, studi, attività professionali, incontro con persone influenti) ma che all’interno di questo recinto ognuno di noi resti libero di agire secondo i propri sentimenti ed aspirazioni. Come sta scritto nel Vangelo di Matteo: nessuno può allungare la propria vita neppure di poco. Ciò vuol dire che la nostra fine è già stabilita, è inutile preoccuparsi. Ognuno è però libero di muoversi, di effettuare delle scelte, di coltivare passioni. E’ un destino quadro, all’interno del quale ci si può muovere in autonomia. Questo è ciò che io chiamo destino.

La casa dei miei sogni

scogliera

Quante volte abbiamo ammirato case belle, palazzi antichi, imponenti, e immaginato una vita splendida all’interno di esse. Ora vorrei descrivere la casa dei miei sogni.

Questa casa dovrebbe trovarsi in cima ad una collina sul mare, senza nessuna costruzione davanti, con un orizzonte vasto, lungo e largo, esposta ad oriente ed occidente per godere dell’alba e del tramonto.

Nelle camere da letto dovrebbero esserci delle intere pareti ad accogliere degli schermi giganti, dove poter proseguire al mattino la visione dei sogni notturni, per non perdere il filo al momento del risveglio.

Poi una cucina ampia, grandissima, con tanti rubinetti da dove dovrebbe sgorgare, oltre all’acqua calda e fredda, anche the bollente, latte, caffè, cioccolata calda e succo d’arancia oltre ad un dispensatore di crema di nocciole. Forno sempre caldo con pane appena sfornato e cornetti ripieni di marmellata.

Sala da bagno con piscina incorporata, sala sauna e massaggi, palestra attrezzata.

In cima alla casa, al terrazzo superiore, un osservatorio astronomico, un giardino pensile con piccole palme, amache e poltrone sdraio, un impianto stereo con amplificatori americani, un angolo per la lettura.

Al piano terra rimessa per i cavalli. Grande giardino, parco con campo di basket, di calcetto, di tennis, golf.

All’ingresso della casa un grande cartello con scritto: “Qui si vive in pace. Non disturbare. Vietato l’ingresso a virus, malattie e persone moleste”.

È la casa dei sogni, ma siccome i sogni son desideri, chissà che un domani non si possa realizzare!

Luce sinistra in hospice – recensione

copertina

Informo di aver appena ricevuto una molto apprezzata recensione, che qui espongo:

LUCE SINISTRA IN HOSPICE –    RECENSIONE

a cura dell’Associazione Culturale “Libri e recensioni” – Tradate (VA), che ringrazio:

Genere: Gialli

Trama:
A Santa Marta il decesso, nel reparto hospice del locale ospedale, di un’anziana donna, malata terminale, viene subito catalogato come morte per cause naturali, ma una onlus, dedita all’assistenza ai malati gravi o a pazienti soli e bisognosi, che, improvvisamente, vede sfumare un grosso lascito testamentario a suo favore, presenta una denuncia e induce i carabinieri ad aprire un fascicolo di morte sospetta. Infatti, la settimana successiva sarebbe stato redatto alla presenza di un notaio un nuovo testamento, con cui la donna avrebbe assegnato la maggior parte del suo patrimonio alla organizzazione di volontariato, lasciando pochi beni agli eredi legittimi, cioè ai due figli e un nipote. Dall’esame autoptico, disposto dal maresciallo Ranieri, a capo delle indagini, risulta la presenza di una dose massiccia di insulina nel sangue, che, iniettata in dose elevata in un soggetto non affetto da diabete e non utilizzato abitualmente, ne ha provocato il coma e la successiva morte. L’arma del delitto è quindi individuata in una semplice fiala di insulina. La messa a fuoco da parte degli inquirenti dell’ambiente ospedaliero e la vita privata dei congiunti della vittima permette di scoprire delle realtà sconcertanti. Per la soluzione del caso le ipotesi sono tante: vi sono vari moventi, principalmente basati su motivazioni di natura economica ma anche su un deprecabile errore terapeutico. I sospetti cadono su diversi soggetti e la soluzione del delitto quasi perfetto non è facilmente immaginabile.

Recensione:
Un giallo breve che si sviluppa in meno di cento pagine, con una narrazione interessante e una curiosità verso la trama che va in crescendo.
Francesco Grano ha una scrittura scorrevole e chiara. L’autore ha deciso di costruire la sua opera in terza persona, con un narratore onnisciente, sopra le parti, per offrire al lettore una visione a volo, con panoramica larga. Questa scelta non permette al lettore di entrare in empatia coi personaggi, si resta distaccati, come spettatori più che attori partecipativi. Grano scava nei suoi personaggi, ne racconta le vicissitudini, le vittorie e le difficoltà, le luci come le ombre, rendendoli complessi e perfettamente comprensibili. Per il piano emozionale ci saremmo sentiti più coinvolti con una narrazione in prima persona, raccontata di volta in volta dai protagonisti, in un cambio di testimone che sarebbe stato suggestivo, più forte sotto il profilo del tranfert, aiutati anche dal fatto che già alcuni capitoli hanno come titolo il nome dei personaggi. Scelta stilistica a parte, il romanzo c’è, è piacevole e intrigante da seguire.
All’inizio non vi sono molte sorprese, tutto procede sul filo del già sentito e del già narrato, ma non è una pecca dell’autore, anzi, è un modo per dimostrare che alcuni problemi sono unici solo nella mente di chi li vive. In realtà alcune preoccupazioni, difficoltà, sogni e desideri sono corali, ci paiono senza sorprese e quasi scontati, proprio perché fanno in qualche modo della vita di tutti.
Man mano che l’indagine avanza, portata avanti da un gruppo investigativo attento e capace, le ombre si infittiscono e una storia che appariva come già scritta si ammanta di mistero e complicazioni. Una morte semplice, rivela invece molte più cose da raccontare.
“Luce sinistra in hospice”, oltre a portare sotto i riflettori gli ultimi giorni di vita di chi, afflitto da una diagnosi infausta, può solo attendere la morte, mostra i diversi modi di gestire il dolore e le situazioni al limite. I rapporti famigliari sono centrali, con il loro bagaglio di amore e d’incomprensione, di perfezione esterna e disfunzioni interne. I motivi per i quali si uccide sono sempre i soliti, ma capire quale di questi abbia armato la mano nel caso del romanzo in oggetto, non sarà semplice.
Una trama densa, ritmata, aiutata dal dono della sintesi dell’autore, rende il libro godibile per gli amanti del genere e non solo per loro.
Pubblicato nel 2022 dalla Casa Editrice Giovane Holden di Viareggio, “Luce sinistra in hospice” ha ricevuto una segnalazione di merito alla XX edizione del “Premio nazionale di arti letterarie metropoli di Torino”. Segnalazione meritata.
(Tatiana Vanini)